
La drammatica nebbia di novembre annebbia anche le certezze più certe dell’inferno.
Quando siamo convinti di sapere, arriva la terribile confessione detta senza se e senza ma:
Non ho capito un c.. o e non so un cavolooooo!
Nel baretto fighetto vicino al parco che ha preso il posto della spiaggia, ove amavamo passare l’estate e altro, Stella finge di asciugarsi una lacrima (la finzione è arma vincente dicono) e sospira giocando con una bustina di zucchero.
L’ultima volta era vestita come in agosto, sandali col tacco, penso quasi a voce alta.
Evito di farglielo notare per scongiurare sicure baruffe.
Però…cavolo non l’avrá sempre vinta.
L’altra settimana eri tutta contenta di aver capito la veritá, che dobbiamo morire! Stella annuisce sospettosa arricciandosi i capelli.
E allora? Brontola sulla difensiva.
Allora perchè dici di non capire un cavolo?
Lei rompe con un’unghia la bustina e lo zucchero si rovescia sul tavolo.
Vedi, sei il solito superficiale. Siamo oggi nell’ altra settimana? No, ovvio.
E allora i pensieri cambiano.
Le regole dell’altra settimana non sono quelle di oggi.
Sei davvero superficiale, lo ripeto di nuovo, cazzarola! Poi alza un braccio e si fa portare la solita birra.
Meglio berci sopra. Borbotta tenendomi il broncio, sapendo che ho ragione io.
Sai, dice poi dopo un sorsetto, la veritá te la dirò la prossima volta. Si…oppure quella dopo.
Ok? Sorride, dolce gatta selvatica. Ruffiana opportunista.
Ma quando sorride così, brucia anche la pazzia.
Alb. 6/11/2019
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