
Nei momenti neri della vita l’unico sole viene rappresentato da un prato. Il prato e l’orizzonte.
L’orizzonte, la visione dell’infinito, nel drammatico momento attuale rappresenta la più triste utopia dal momento che non può essere raggiunto. E poi?
Una volta che potrà essere raggiunto fisicamente, in teoria dal momento che l’orizzonte è infinito, quindi non può essere raggiunto, cosa cambia?
Il dovere imposto dagli altri, dal sistema, da quello che conta in questa vita, secondo gli altri, rende questo meraviglioso spazio infinito, tanto sognato, un muro di nuvole nere, nebbia e dolore. Dolore come dovere, tempo risicato per far contenti gli altri, anni che passano e traguardo finale sempre più vicino.
L’orizzonte è laggiù, nella sua maestosa bellezza, come un’utopia di una magica casetta nel bosco o il semplice correre in un prato per sempre, senza doveri, e desideri confusi.
L’orizzonte si staglia là senza possibilità di essere raggiunto. E il tempo passa inesorabile, perfido.
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