
Il bar Stella, vicino la piazzetta di periferia, era sempre molto frequentato.
L’attrazione principale era Stella, la proprietaria, una biondina bella e curata che sapeva tenere testa a chiunque.
D’altronde essere curate bisognava esserlo per fare affari, chi andava mai in un bar gestito da bruttone?
Curve giuste, sorriso giusto, sapere vendere senza vendersi! Stella era una maestra in questo genere di attività.
In un angolo, vicino il tavolo del biliardo, c’era un vecchio flipper, più spento che acceso per dire il vero.
Si accendeva sempre al tardo pomeriggio quando entrava un ragazzo piuttosto alto vestito, per l’epoca, da duro.
Giacca di pelle, chiodo, jeans attillati con toppe di band heavy metal, stivali a punta. Era impossibile non accorgersi di lui, lo si sentiva quando arrivava da lontano.
I suoi passi sul porfido della piazzetta suonavano sordi e potenti e gli avventori del bar…
…lo guardavano di lato, senza incrociare mai i suoi occhi fieri.
Un tipo una volta aveva esclamato, un pò ubriaco, ecco che arriva il barbùn che non ha voglia di lavorare.
Era stato incenerito con gli occhi, da quella volta era passato a frequentare la bocciofila del paese accanto.
Il ragazzo, soprannominato FLIPPER KID, non parlava mai.
Stella, quando lo vedeva arrivare, gli versava un bicchiere di acqua minerale con una fetta di limone, che lui prendeva, pagava subito e si dirigeva verso il flipper con addosso gli occhi pieni di ardore e desiderio di Stella.
Prendeva una moneta da 100 lire dalla tasca del chiodo e li inseriva nella gettoniera.
Nel bar allora vibravano suoni da astronave spaziale, le luci andavano ad intermittenza ad illuminare la vetrata che dava sull’esterno.
Il Kid tirava indietro la leva della pallina molto raramente, il punteggio si faceva subito altissimo, gli altri stavano a guardare con la coda dell’occhio, invidiosi che gli occhi di Stella erano solo per lui.
Ma dall’altra parte della vetrina c’erano anche ragazzine adoranti che, facendo finta di niente, si davano gomitate ridendo, sperando che LUI…
…il figo dall’aria ribelle, si voltasse a guardarle. Ma non si voltava.
Roteava i fianchi, si piegava a destra e sinistra, puntava gli stivali a terra, dava dei leggeri colpi col palmo della mano senza mandare la partita in TILT.
Sapeva come fare benissimo, non era scemo, manco idiota.
Gli altri fumavano, tutti fumavano: il bar era pieno di fumo, fumavi anche se non avevi il vizio del fumo, bruciavano forse gli occhi, ma nessuno si lamentava.
Gli occhi di Stella poi erano solo per FLIPPER KID gli altri erano invisibili, l’amore cieco e malinconico come solo il vero amore sa essere e deve essere…
Albert 15/10/2020
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Mi piacciono i tuoi racconti, hai uno stile brioso, bravo!
Grazie caro Domenico. Ho avuto occasione di fare una partita a flipper, una figura scandalosa, quindi mi è venuta sta idea del metallaro rionale che va nel bar rionale, anni 80, con la barista dell’epoca e il mondo dell’epoca. Un flash 😄
ottimo spunto, è sempre divertente rielaborare ricordi personali per trasformarli in un racconto!
In fin de conti raccontare vuol dire donare sentimenti, se poi qualcuno li legge e li apprezza tanto meglio 😉 Su certi argomenti comunque si vince facile, basta saperli descrivere con una certa attenzione e non buttarli su 😀
ah le scarpe a puntaaaaa 😀
Esatto, quelle buone per prendere a calci nel sedere 😊
Aspetto, bravo come sempre.
Grazie, caro esimio
Adoravo giocare a flipper…
Dai? Anche io, ma non ero granchè. Era raro comunque vedere ragazze giocare a flipper, alcune amiche dell’epoca dicevano che era un gioco rozzo 🙂