L'altalena e noi ragazzi di periferia

L’altalena e noi ragazzi di periferia

L'altalena e noi ragazzi di periferiaL’altalena e noi ragazzi di periferia

Il cigolio delle catene delle altalene si sentiva da lontano, ben prima di arrivare nel piazzale del parco dove erano sistemati i giochi dei ragazzi.

Un paio di scivoli erano posti uno di fronte all’altro:

Si saliva su una scaletta di ferro, una volta in cima si aveva come impressione di traballare, sicuramente la struttura aveva visto tempi migliori e…

…e se non ci si incastrava strada facendo, complice l’età o qualche chilo di troppo, si atterrava con i piedi in un terreno di ghiaia.

Non era difficile che alcuni ragazzi lanciassero la ghiaia lungo lo scivolo. Faceva un rumore simile a una  cascata che si amplificava aumentando la corsa…e giù…giù…

Fino a tornare al mare di ghiaia sottostante, confondendosi, senza avere più forma e sostanza.

Sullo scivolo era normale che in inverno ci si ghiacciasse il sedere, in estate non ci si andava proprio causa l’esposizione solare che rendeva incandescente il ferro. 

Le altalene.

Ce n’erano quattro anche se la quarta era senza seggiola, erano molto più ambite dello scivolo.

Se eri bravo si potevano ottenere grandi emozioni e se non c’erano bambini piccoli e lori tutori tra i piedi, correvamo sulla ghiaia come forsennati dandoci degli spintoni per arrivare primi ma di norma il primo giro lo facevano i soliti prepotenti o quelli a cui non potevi dire no.

Oggi si chiamano bulli, all’epoca prepotenti o quelli che si sapevano far rispettare.

La differenza sta sempre nell’epoca con cui si identifica una medesima cosa.

Mentre la maggior parte di noi stava ad aspettare il proprio turno, capita sempre così all’inizio, poi la RUOTA GIRA e le situazioni si capovolgono.

Tac, un colpo con i piedi e via a muovere le gambe avanti e indietro fino a raggiungere sempre più altezza e velocità, velocità che a volte era davvero sorprendente.

Si vedevano andare avanti e indietro e urla di adrenalina, emozione, senso di invincibilità, di gioia e penso anche di paura…

…paura che le catene che reggevano il sedile si staccassero e si decollasse verso qualche altra costellazione o contro lo scivolo che stava davanti come un mostro di ferro.

Naturalmente quando noi più sfigati stavamo a guardare quelli più tosti ed audaci, passava la fanciulla del cuore che a distanza guardava con occhi languidi e sognanti LORO.

Noi, che rosicavamo in silenzio, sognavamo che davvero una di quelle catene si spaccasse con annessa mega figuraccia, ma non accadeva mai.

ROSICAVAMO in silenzio, le fanciulle del cuore non ci filavano minimamente, ci sentivamo frustrati…rosicavamo alla grande, mannaggia se non era vero.

Ma la ruota sarebbe girata a nostro favore prima o poi.

Alla fine, dopo che i nostri eroi facevano anche un pò di evoluzioni in piedi sul sedile tenendosi spavaldamente per le catene, toccava a noi e anche tra noi c’era la solita competizione che provocava litigi e parole tipo ti odierò per sempre, non sei più mio amico eccetera.

Minacce che duravano di solito per pochi minuti, ma a quell’età i minuti erano come mesi, duravano un sacco…

…un sacco di tempo, ma era un tempo in cui lo smacco saldava amicizie, rendeva complici, amicizie lunghe come la vita.

Poteva invece il mondo materiale dell’infanzia durare a lungo come l’amicizia e l’amore veri ed autentici?

Il parco dei nostri giochi oggi non esiste più da qualche anno. Nessuno lo frequentava da un bel pò per colpa dell’erba, dei rovi e degli alberi che erano cresciuti su quelli che fino a venti anni prima erano stati giochi per arricchire la nostra infanzia e gli incontri dei nostri primi anni adolescenziali.

Lo scivolo era caduto di lato dopo una notte di pioggia forte, gli attrezzi ginnici erano stati vandalizzati, le catene delle altalene erano arrugginite, il sedile dove sedersi spaccato.

Ne era rimasto solo uno, pericolante.

Sedendosi sopra cigolava con una voce strozzata che pareva venire dagli abissi:

Dal mondo del non ritorno.

Albert 8/11/2020

L'altalena e noi ragazzi di periferia

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Sono un insegnante, attratto dalla cultura e dall'underground urbano e la sua musica, la periferia e le sue sfumature sociali, dal disagio sociale e la tematica giovanile. Amo la Natura, la letteratura del Novecento europeo, le avventure per ragazzi, i tramonti sulle valli e sulle lagune del mare d'inverno, le montagne, la neve, i boschi, il silenzio dove pensare, meditare, suonare e creare musica, collezionare dischi e libri, scrivere qualche riga qua e là su temi giovanili, personaggi femminili tragicomici e un po vintage, perchè mi piace così. Ad maiora

15 thoughts on “L’altalena e noi ragazzi di periferia

  1. Un testo meraviglioso. Riesci sempre a catturare bene questi ricordi d’infanzia. Mi chiedo se ci sia stato per tutti noi qualche ragazzo/ragazza prepotente che ha sempre preso/a l’altalena per primo/a. Nel mio asilo ce n’era uno. Si chiamava Christian. Lo ricordo solo in questo contesto, lo vedo davanti a me, che dondola trionfalmente e non scende più, finché io non corro piangendo dalla maestra. Era un tale idiota.

    1. Grazie, vielen Dank cara Enke. Ho una splendido ricordo di queste situazioni perchè io appartenevo a quelli che rosicavano alla grande a vedere gli sciocchi che facevano i bulletti. Esempi come il “tuo” Christian ce n’erano tanti. L’infanzia è un’età bella e crudele nello stesso tempo. Tschüß 🙂

      1. Eh sì… non ho ricordi di particolari rosicamenti da bambina sai? Le cose a cui giocavano gli altri non mi sono mai interessate. Credo sia stata una gran bella fortuna, a sto punto. Però anche a me picaveano le altalene. E non ho mai dovuto aspettare per salirci.
        Forse che la bulla ero io??
        Chissà… 🤣🤣😅

  2. Diciamo che l’ordine non è facile da mantenere…che i bulli ci sono sempre stati…che i ricordi non ce li toglie nessuno.
    io quando posso vado ancora sull’altalena…mi ha sempre dato un senso di libertà.

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